LA VERTIGINE DEL DESERTO

Vinse anche un Oscar. Nel 1962; la “miglior scenografia” era quella del Wadi Rum, il deserto che aveva fatto da co-protagonista in Lawrence d’Arabia, la pellicola con Peter O’Toole, Anthony Quinn e Omar Sharif. Molte riprese dell’epico film furono girate nei luoghi che effettivamente fecero da sfondo alle vicende di Thomas Edward Lawrence, colonnello-avventuriero britannico che, insieme al principe Faysal Bin Hussein, durante la Prima Guerra Mondiale, insediò nel Wadi Rum un quartier generale per sostenere la Rivolta Araba contro l’impero ottomano.

È realmente una scenografia da Oscar quella del Wadi Rum – area protetta dal 1998 – con ampie distese di sabbia da cui emergono rilievi di ogni forma e dimensione, che a volte appaiono come creste scoscese e corrugate, altre volte come candele che si liquefanno. Gli agenti atmosferici hanno dato vita a labirinti di valli (wadi), grandi faglie ed erosioni di forma mammellonare; arenaria e calcare, basalti e graniti, si alternano a pietrisco e sabbia in un gioco di colori ed elementi.

Qui, nel sud della Giordania, ad altitudini medie di 800-900 metri, i veri protagonisti sono paesaggi senza tempo e spazi sconfinati dalla morfologia unica, in cui dedali di montagne rocciose sovrastano valli sabbiose. Basta aggirarsi nella cosiddetta Valle della Luna per rimanere estasiati; scenari surreali sono dipinti da torri possenti, pinnacoli e guglie di arenaria che dominano i letti rossicci di fiumi prosciugati. Da lì si raggiunge il Canyon di Khazali, con le incisioni rupestri. Si possono riconoscere nitidamente struzzi e stambecchi, prede di caccia, una donna nell’atto di partorire, orme di piedi rivolte verso l’alto; sono state rinvenute almeno 350 impronte, che potrebbero indicare rotte e direzioni preferenziali, piuttosto che simboleggiare le individualità degli autori, a guisa di firme. Un’altra località stupefacente è Anfishiyyeh, con le alte dune rosse e incisioni rupestri, raffiguranti in particolare cammelli, animali a cui i beduini sono sempre stati legati e non solo per opportunità.

Photo Credit Tonino Mosconi fotografo

Il paesaggio muta di continuo; le dune sfumano e oltrepassando Jebel Umm Ashrin (la madre dei venti), il cui terreno è pietroso, si aprono spazi del tutto diversi.
Gli amanti del trekking possono pernottare nei camping e dedicarsi a spedizioni, seguendo itinerari tematici, come quello delle incisioni rupestri, quello delle sorgenti (ain) e cisterne (birqa) costruite per raccogliere l’acqua piovana, o quello dei ponti di pietra, formazioni rocciose naturali, il più alto dei quali è Burdah, coi suoi 35 metri.

Il deserto, come l’oceano, è assoluto; per chi lo abita non consiste in uno spazio ma in un modo di vivere. Un minuscolo 5% della popolazione giordana, a fronte di un territorio che ricopre l’80% del Paese; fra tratti di sabbia compatta vi sono sì una strada asfaltata che collega i villaggi e la ferrovia adibita al trasporto di fosfato, ma la grande sfida è contro la desertificazione, poiché la pioggia scende per meno di 200 millimetri l’anno.
Wadi Rum è sul versante giordano del Wadi Araba, la sezione della Rift Valley che corre lungo il confine tra Giordania e Israele; forse anche per questo il trattato di pace fra i due Paesi, che risale al 1994, è stato siglato proprio qui.

 

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